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  diritto italiano  
 
Pietro Rescigno:Le cause estintive delle obbligazioni

Prof. Pietro Rescigno

  Emerito di Diritto civile, “Sapienza” Università di Roma

  Accademico dei Lincei

  Le cause estintive delle obbligazioni

  Un discorso sulle cause estintive dell’obbligazione deve muovere da una considerazione, sia pur ridotta alle nozioni essenziali, dell’adempimento del debitore, che costituisce il modo tipico, secondo un criterio di normalità, con cui l’obbligazione si estingue realizzando i due ‘momenti’ che ne costituiscono la struttura e, soprattutto, la funzione. Invero nel rapporto obbligatorio acquistano rilievo per un verso il comportamento del debitore, tenuto ad eseguire la prestazione, per altro verso la soddisfazione dell’interesse del creditore a riceverla. Della prestazione il codice italiano, secondo un’impostazione comune agli ordinamenti continentali e del resto coerente con l’esperienza generale dei sistemi giuridici, esige il carattere della patrimonialità, vale a dire della valutabilità in termini economici (ed il parametro corrente, di elementare percezione, è il danaro); dell’interesse del creditore non è invece necessaria la patrimonialità, potendo dunque il sacrificio dell’obbligato e l’aspettativa creditoria essere finalizzati a scopi d’indole morale. Conviene pure, con riguardo ai due indicati ‘momenti’, sottolineare l’eventualità che la pretesa spetti a soggetto diverso da quello su cui la prestazione da eseguire concretamente incide (come avviene nel contratto dal genitore concluso col medico per la cura del figlio minore).

  La responsabilità del debitore che consegue all’inadempimento è di carattere esclusivamente patrimoniale, nel senso dell’incidenza sui suoi beni (ed al creditore sono attribuiti poteri preordinati alla conservazione di siffatta garanzia), dopo che gli Stati moderni hanno abolito l’arresto per debiti e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ha impegnato gli Stati firmatari a non restaurare forme restrittive della libertà per l’inadempienza di obbligazioni civili.

  Nella teoria dell’obbligazione una corrente di pensiero pone l’accento sul bene dovuto, e cioè sull’oggetto del rapporto; la veduta più risalente vede la relazione di potere e di soggezione con maggiore insistenza sulla condotta (di dare, fare, non fare) a cui l’obbligato è tenuto.

  Nel sistema italiano si rinviene una articolata disciplina delle cause estintive diverse dall’adempimento; di esse il carattere comune è dato da tale ‘diversità’, poiché presentano struttura e funzione differenti. Nella vecchia letteratura la ricognizione veniva estesa a fatti ulteriori, che tuttavia, pur determinando l’estinzione del rapporto, avevano carattere riferibile ad ogni tipo di rapporto o incidenza sulla fonte (in particolare, il contratto) piuttosto che sull’obbligazione derivata da quella fonte.

  Mentre è necessario dedicare alle cause estintive diverse dall’adempimento una particolare attenzione, non può trascurarsi qualche rilievo sull’adempimento, anche perché nella disciplina di esso sono comprese figure che già consentono di esaminare ipotesi in cui l’obbligazione si estingue senza che ricevano attuazione entrambi i ‘momenti’ dei quali si è parlato. Le formule ricorrenti sono ‘cause estintive meramente liberatorie’ (nelle quali manca, ancorché in via di principio non è pregiudicato, il soddisfacimento del creditore) e ‘cause estintive meramente satisfattive’ (nelle quali non risulta tenuto dall’obbligato il comportamento in cui la prestazione consiste).

  Si segnalano di seguito i temi di riflessione e discussione presenti nella letteratura giuridica italiana (e rilevanti anche nelle altre esperienze). In primo luogo, accanto agli interessi di cui si è messo in luce il preminente valore – per il debitore la liberazione dal vincolo, per il creditore la soddisfazione dell’interesse a ricevere – sussistono interessi ulteriori ma egualmente meritevoli di tutela. Così si tiene conto dell’eventuale interesse del creditore “a che il debitore esegua personalmente la prestazione” (art.1180, 1° co); quando siffatto interesse non sussista o non meriti protezione, è possibile l’adempimento di un terzo.

  Quanto al debitore, il sistema riconosce altresì l’interesse del debitore a liberarsi mediante l’adempimento personale dell’obbligo: perciò il debitore può rifiutare la remissione (o una riduzione o una dilazione) del debito accordatagli dal creditore (art. 1236, in fine) e può manifestare la propria opposizione all’adempimento che un terzo voglia fare del suo debito (art.1180, cpv.).

  L’interesse del debitore a liberarsi con l’adempimento, e non già per fatti estranei alla sua attività, riceve peraltro una più ristretta tutela rispetto all’interesse alla liberazione. Ancor più circoscritta, nei casi in cui possa ammettersi, è la protezione legale dell’eventuale interesse a vedere concretamente utilizzata dal creditore la propria prestazione. Nella pratica se ne è discusso a proposito di talune prestazioni di fare, come quelle degli interpreti e degli esecutori di un’opera artistica. La pretesa a vedere inserito nell’opera il proprio apporto (ad esempio la parte girata dall’attore nel film) attiene però, nei casi in cui possa considerarsi legittima, alla tutela della personalità esplicata più che al prodotto dell’attività e può fondarsi sulla considerazione che il destinatario vero della prestazione artistica è il pubblico, sia pure attraverso la mediazione del produttore. Sempre con riguardo alla tutela civile della persona deve valutarsi la pretesa del lavoratore ingiustamente licenziato, e reintegrato dal giudice nel posto, a svolgere effettivamente il proprio lavoro, quando l’imprenditore gli corrisponde il salario ma gli impedisce persino l’accesso all’azienda.

  Esistono quindi cause estintive del rapporto obbligatorio che vedono attuato l’interesse del creditore senza l’adempimento dell’obbligato: è quanto avviene nell’adempimento di un terzo estraneo al rapporto (art.1180). Analogamente, sono previste cause di estinzione in cui viene realizzata la liberazione dal debito senza che sia soddisfatto l’interesse del creditore: come nel pagamento in buona fede fatto al creditore apparente (art.1189), e nel caso di offerta reale seguita da deposito che non possa più essere ritirato, fatta al creditore che senza legittimo motivo rifiuta di ricevere il pagamento (art.1210, cpv.).

  Le cause estintive dell’obbligazione meramente satisfattive e quelle meramente liberatorie lasciano tuttavia impregiudicato, al di là dell’estinzione del rapporto, l’altro ‘momento’ che non ha trovato realizzazione.

  Nell’adempimento di terzo colui che paga può per volontà del creditore (art. 1201), e in taluni casi è di diritto (art.1203) surrogato al creditore soddisfatto, di guisa che il debitore rimane vincolato sia pure nei confronti di un diverso soggetto. Il creditore apparente che riceve la prestazione è obbligato nei riguardi del vero creditore secondo le regole del pagamento dell’indebito (art. 1189, cpv.). Nell’offerta reale seguita dal deposito, infine, la cosa o le somme sono nella disponibilità del creditore dal momento in cui il deposito sia stato da lui accettato, o sia riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato (art.1213).

  L’adempimento del debitore ha natura meramente esecutiva di un’obbligazione già esistente a suo carico; la giustificazione dello spostamento patrimoniale che si verifica con l’adempimento deve quindi riportarsi alla ragione per cui il vincolo si costituì e venne approvato dall’ordinamento (il contratto da cui nacque l’obbligazione, o il fatto illecito da cui derivò l’obbligazione di riparare il danno, o il pagamento non dovuto che provocò l’obbligo di restituire, e via dicendo). L’adempimento, per l’indicata natura di atto esecutivo, rimane estraneo alle distinzioni degli atti di autonomia negoziale, e perciò si comprende che diverse dal regime dei negozi siano le regole relative ai requisiti soggettivi ed oggettivi dell’adempimento. Si spiega quindi che il debitore non possa impugnare l’adempimento a causa della propria incapacità legale (art.1191) o per avere prestato cose di cui non aveva il potere di disporre (art.1192). Parimenti non impugnabile, perché non pregiudizievole, deve ritenersi l’adempimento eseguito dall’incapace di fatto.

  Destinatario dell’adempimento è il creditore, il suo rappresentante (legale o volontario), o la persona da lui indicata, o il soggetto autorizzato dalla legge o dal giudice (art.1188, 1° co.); fuori di queste ipotesi non sono legittimati a ricevere soggetti diversi dal creditore, ma l’adempimento ricevuto da un soggetto non legittimato libera il debitore se il creditore lo ratifica o ne approfitta (art. 1188, 2° co.). Lo stesso criterio dell’effettivo vantaggio ricavato dal creditore si applica nel caso di adempimento fatto al creditore legalmente incapace: la liberazione del debitore, in tale ipotesi, è stabilita nella misura del profitto del creditore (art.1190). E’ liberatorio per l’obbligato anche l’adempimento eseguito in buona fede in confronto di un terzo che “appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche” (art.1189, 1° co.); la norma sul pagamento al creditore apparente – norma di stretta interpretazione, donde l’inestensibilità all’ipotesi di apparente rappresentante del creditore – configura, come si disse, una causa estintiva dell’obbligazione che realizza soltanto la liberazione dell’obbligato, mentre rimane insoddisfatto l’interesse del creditore (salva la pretesa del creditore vero, in confronto di colui che ha ricevuto la prestazione, art.1189, cpv.).

  Nel debitore non si richiede una specifica volontà diretta all’estinzione dell’obbligo, ma la volontà del debitore ha rilievo quando egli abbia verso la stessa persona più debiti della stessa specie; se il debitore non dichiara a quale debito debba imputarsi il pagamento, soccorrono tuttavia criteri di imputazione stabiliti dalla legge, procedendosi nell’ordine a soddisfare i crediti scaduti, i meno garantiti, i più onerosi per il debitore, i più antichi (art.1193).

  Le considerazioni circa la natura di atto esecutivo, e la estraneità dell’adempimento agli schemi dell’autonomia negoziale, riguardano l’adempimento dell’obbligato mediante esecuzione della prestazione dovuta; non sono invece riferibili all’adempimento di un terso estraneo al rapporto (art.1180) ed alla esecuzione di una prestazione diversa da quella dovuta (art.1197).

  L’adempimento del terzo, possibile anche contro la volontà del creditore quando egli non abbia interesse alla personale prestazione dell’obbligato (art.1180, cpv.), è un negozio unilaterale di cui è autore il terzo e destinatario il creditore. La configurazione vale per l’adempimento diretto del terzo; si parla invece di adempimento indiretto quando il terzo, anziché adempiere il debito, lo assume in confronto del creditore mediante un contratto (art.1268 ss.), e realizza così una modificazione soggettiva del rapporto.

  Natura di contratto, stipulato sulla base dell’accordo tra debitore e creditore, ha anche la prestazione in luogo dell’adempimento. L’obbligazione originaria, allorché il creditore acconsenta a ricevere una prestazione diversa, si estingue solamente quando la prestazione convenuta “in luogo” dell’adempimento venga eseguita (art.1197, 1° co.) e, se si tratta di un credito ceduto, quando il credito sia riscosso (art.1198). Nel caso d’inesecuzione torna ad essere dovuta la prestazione originaria, ma permane l’effetto estintivo delle garanzie prestate dai terzi (art.1197, 3° co.).

  L’adempimento, si è detto, costituisce il “modo” tipico per estinguere l’obbligazione. Ma quando al pagamento si accompagna la surrogazione di un terzo, nei diritti del creditore soddisfatto, l’adempimento si risolve nella modificazione soggettiva del rapporto, che perciò continua tra soggetti diversi.

  Si è già accennato all’offerta reale, come modo estintivo dell’obbligazione contrassegnato dalla liberazione del debitore senza che si verifichi la soddisfazione del creditore. L’offerta è reale, nel senso che ha per oggetto cose, se l’obbligazione ha per oggetto somme di danaro o titoli di credito o beni mobili da consegnare al domicilio del creditore (art.1209), mentre si fa mediante intimazione a ricevere se si tratta di obbligazione di fare (art.1217) o di consegnare cose mobili in luogo diverso dal domicilio del creditore (art.1209, cpv.), e con intimazione a prenderne possesso se l’obbligazione ha per oggetto la consegna di un immobile (art.1216, 1° co.).

  Eseguito il deposito, quando esso sia accettato dal creditore o riconosciuto valido con sentenza definitiva, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dall’obbligazione (art.1210, cpv.); lo stesso effetto si produce con la consegna dell’immobile al sequestratario (art.1216, cpv., in fine).

  L’offerta reale seguita dal deposito accettato dal creditore o riconosciuto con sentenza porta dunque alla estinzione dell’obbligazione col realizzarne soltanto il momento della liberazione dall’obbligo. E questo vuol dirsi con la formula della causa estintiva meramente liberatoria; altri autori, con espressione ancor più originale, parlano di liberazione coattiva del debitore ravvisando nel regime dell’offerta reale, per la tutela dell’interesse dell’obbligato ad adempiere ed a liberarsi dal vincolo, un fenomeno corrispondente alla esecuzione che al creditore spetta sul patrimonio del debitore inadempiente. L’esecuzione coattiva, regolata nell’ambito della tutela dei diritti, egualmente può considerarsi ipotesi di dissociazione dei due momenti, se si considera che il creditore consegue quanto gli è dovuto mentre il debitore non ha osservato la condotta da lui attesa.

  Come fatti estintivi diversi dall’adempimento la legge italiana considera la novazione, la remissione, la compensazione, la confusione, l’impossibilità della prestazione che sopravvenga per una causa non imputabile al debitore. L’elenco dalla dottrina più antica veniva allargato, ma l’ampliamento non si giustifica. Vi si comprendevano talvolta fatti che solo indirettamente incidono sull’obbligazione e la estinguono, ma in realtà investono il negozio da cui è nata l’obbligazione o il rapporto: così è a dirsi del termine finale e della condizione risolutiva (artt. 1353, 1360), del mutuo consenso alla scioglimento del contratto (art. 1372, 1° co., in fine), della revoca e della rinunzia (art.1722, nn.2 e 3), del recesso dal rapporto (art.1373). Altri modi di estinzione hanno portata generale, e perciò è superfluo farne menzione a proposito dell’obbligazione: il rilievo vale specialmente per la prescrizione, che produce l’estinguersi del diritto a seguito del mancato esercizio per tutto il tempo stabilito dalla legge (art.2934, 1° co.).

  Si comprende invece che l’elenco dei modi estintivi possa venir completato con l’indicazione di quei fatti già presi in esame e diversi dall’adempimento inteso in maniera rigorosa come esecuzione della prestazione da parte del debitore in confronto al creditore. L’adempimento del terzo (art.1180) ed il pagamento in buona fede al creditore apparente (art.1189) vengono abitualmente ricordati in questo più ampio disegno, ed altresì l’esecuzione coattiva del creditore sul patrimonio del debitore inadempiente (art.2910 ss.) e la liberazione coattiva del debitore mediante offerta seguita da deposito o da intimazione al creditore in mora (art.1210 ss.).

  Il criterio della soddisfazione dell’interesse del creditore viene usato spesso per classificare le cause estintive diverse dall’adempimento e regolate nell’«elenco» legislativo. Ma la distinzione tra cause satisfattorie e cause non satisfattorie si rivela di scarsa utilità pratica se si pensa che di taluno dei “modi” certi autori ritengono la natura satisfattiva ed altri, al contrario, sono convinti che non realizzi la soddisfazione del creditore. Così è a dire delle dottrine in tema di novazione, istituto che ha stretti legami con l’argomento delle modifiche soggettive del rapporto obbligatorio.

  Vi sono profonde differenze di struttura nei modi estintivi elencati. Ha natura negoziale la remissione, che è l’atto unilaterale con cui il creditore rinunzia al credito; la dichiarazione del creditore indirizzata all’obbligato estingue il rapporto quando giunge a conoscenza di quello, salvo che il debitore dichiari, in un congruo termine, di non volerne profittare (art.1236). La regola esprime due principi propri del regime dell’obbligazione e dell’autonomia negoziale: il sistema accorda considerazione e tutela all’interesse del debitore a liberarsi mediante l’adempimento; del negozio destinato ad incidere su sfere giuridiche estranee, se non si richiede una specifica accettazione del terzo, la legge almeno consente che il destinatario ne possa impedire l’efficacia.

  La compensazione riveste struttura contrattuale, quando si tratti di compensazione volontaria (art.1252). Ma le ipotesi più frequenti di compensazione, legale o giudiziale, si verificato al di fuori della volontà dei soggetti, per il solo fatto che “due persone sono obbligate, l’una verso l’altra”; in tal caso la compensazione si opera ed i debiti si estinguono “per la quantità corrispondente” (art.1241), quando essa sia fatta valere dalla parte e dal giorno della coesistenza dei debiti (art.1241).

  Perché si verifichi la compensazione legale è necessario che i debiti siano omogenei, liquidi ed esigibili, e cioè che abbiano ad oggetto somme di denaro o cose fungibili dello stesso genere, siano determinati dall’ammontare e se ne possa chiedere immediatamente l’adempimento (art.1243, 1° co.); ma la compensazione può essere dichiarata dal giudice (compensazione giudiziale) per la parte di debito riconosciuta esistente anche quando il debito sia omogeneo ed esigibile ma non anche liquido, sempre che si tratti di debito “di facile e pronta liquidazione” (art.1243, 2 co.). La compensazione volontaria, rimessa come è all’autonomia negoziale delle parti, può essere operata anche tra debiti che non rivestano i caratteri descritti di omogeneità, esigibilità e liquidità.

  Nella pratica degli affari vi sono figure contrattuali in cui il meccanismo della compensazione serve a realizzare la stessa ragione economica del contratto. E’ il caso del contratto di conto corrente, “col quale le parti si obbligano ad annotare in conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili ed indisponibili fino alla chiusura del conto” (art.1823, 1° co.).

  Talune operazioni bancarie quali il deposito (art.1834 ss.) e l’apertura di credito (art.1834 ss.) possono essere “regolate in conto corrente” e il correntista “può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito” (art.1852).

  L’estinzione per confusione si verifica “quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella stessa persona” (art.1253). Il riunirsi nel medesimo soggetto delle due qualità è evento che assume rilevanza di per sé, alla stregua di un mero fatto, e perciò prescindendo dalla volontà e dalla consapevolezza dei soggetti anche quando alla base dell’accadimento vi sia un atto di autonomia negoziale.

  L’estinzione per confusione, che non pregiudica i diritti dei terzi (art. 1254) mentre vale a liberarli delle garanzie da essi prestate (art.1253, in fine), si giustifica poiché vengono a coincidere nella stessa persona il vincolo a prestare e l’interesse a ricevere; opera nello stesso modo in cui incide sul rapporto di natura reale il consolidarsi nella stessa persona della proprietà e del diritto reale limitato sulla cosa. Non si tratta, peraltro, di una esigenza logica indeclinabile; e perciò in relazione all’interesse del soggetto talvolta la legge esclude la confusione nonostante l’avvenuta riunione delle qualità di debitore e di creditore (va ricordato, a titolo di esempio, il beneficio d’inventario nell’accettazione di eredità).

  Le eccezionali figure di riduzione del rapporto ad una sola persona, cui fanno capo la titolarità del credito ed il debito, hanno suggerito ad una dottrina autorevole la formula elegante del rapporto unisoggettivo, applicata alle varie ipotesi di persistenza del rapporto al di là del temporaneo concentrarsi in un solo soggetto delle due posizioni di creditore e di debitore. La rilevazione del fenomeno non consente, tuttavia, di costruire una generale categoria. Intanto ne rimangono fuori i rapporti in cui appare un solo soggetto, ma a lui fanno capo interessi sostanziali e posizioni formali di persone distinte, come nelle ipotesi del contratto con se stesso o della società con un solo socio.

  Nella disciplina della confusione si trova regolato un evento che non riguarda la riunione delle situazioni di debito e di credito; si tratta della “riunione delle qualità di fideiussore e di debitore”, accadimento che non estingue la fideiussione sempre che il creditore debba interesse a conservare la garanzia (art.1255). La conservazione della responsabilità fideiussoria, venuta a cadere sull’obbligato principale, può avere importanza pratica per il creditore quando, per esempio, sia invalida l’obbligazione principale e sia invece valida la garanzia personale (v. l’art.1939, in fine).

  L’mpossibilità della prestazione è causa estintiva del rapporto se è sopravvenuta, rispetto al costituirsi dell’obbligazione. Se l’impossibilità è originaria, è impedita la costituzione stessa del rapporto (per il rapporto nascente da contratto, v. l’art. 1346; per un rapporto obbligatorio che ha la sua fonte nel fatto illecito v. l’art. 2058, 1° co.) e non vi è problema di estinzione. Deve trattarsi di circostanza, oltre che sopravvenuta, non imputabile al debitore, e cioè estranea alla sfera giuridico-economica che egli è in grado di controllare e di influenzare.

  Estinta l’obbligazione per impossibilità della prestazione, il creditore subentra nei diritti spettante al debitore in dipendenza del fatto che causò la impossibilità (egli può agire, ad esempio, contro l’autore dell’atto illecito che ha distrutto la cosa che costituiva oggetto della prestazione); e può pretendere dal debitore ciò che il debitore conseguì a titolo di risarcimento (art.1259). Questa pretesa sostituisce al rapporto estinto un rapporto con un oggetto diverso, e perciò si parla di “surrogazione reale”, mentre non mutano i soggetti. Il “subingresso ” nei diritti spettanti al debitore verso i terzi instaura invece un rapporto in cui muta tanto l’elemento soggettivo quanto l’elemento oggettivo.

  Con la novazione viene sostituita, all'obbligazione originaria che si estingue, una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso (novazione oggettiva) (art. 1230), o con diversità di soggetti (novazione soggettiva) (art. 1235). La concreta esperienza ed il regime legale autorizzano a restringere il discorso alla sola novazione oggettiva, che è fenomeno pratico ricorrente e meritevole di attenzione. Per la novazione soggettiva attiva (e cioè per la novazione del rapporto per mutamento del creditore) la legge non detta alcuna regola; quanto alla novazione soggettiva passiva troviamo (nell'art. 1235) un semplice rinvio al regime delle operazioni economiche che attuano il trasferimento dei debiti e che sono la delegazione, l’espromissione, l'accollo (art. 1268 ss.).

  Il discorso sulla novazione soggettiva appare dunque disquisizione superflua se si tiene conto dei silenzi della legge e soprattutto del concreto modo di atteggiarsi degli interessi privati. Per il trasferimento dei crediti lo strumento normale è la cessione volontaria del credito (art. 1260 ss.): con essa si realizza la successione a titolo particolare nel lato attivo del rapporto e assieme al credito passano i privilegi, le garanzie e altri accessori (art. 1263). Per trasferire i debiti i privati si avvalgono della delegazione, o dell'espromissione, o dell'accollo; ma il regime legale di queste figure negoziali è dettato a prescindere dal profilo della novazione o della continuità del rapporto, avendo la legge riguardo alla circostanza che la responsabilità del nuovo debitore si aggiunga alla responsabilità dell'antico, o che il debitore originario sia liberato.

  L'istituto della novazione negli ordinamenti moderni, e soprattutto nei paesi di avanzato sviluppo economico, riceve applicazioni sempre più ridotte. La novazione soggettiva, per esempio, non è nemmeno considerata dal codice civile tedesco, pur ritenendosi che all'autonomia negoziale essa non è preclusa. La ragione deve ravvisarsi nella normale inclinazione dei privati a conservare i rapporti piuttosto che ad estinguerli, quando non sia realizzato od esaurito l'interesse che ne suscitò la costituzione; ed a conservarli assieme alle garanzie, alle difese e ad ogni altro elemento accessorio che serviva a rafforzare il rapporto. Sulla base di tali considerazioni non si comprendono recenti proposte dottrinali di rivalutare l’istituto e di farne uso anche fuori del diritto privato. Al contrario, è giustificata una lettura del sistema, e anche del regime della novazione oggettiva, che riduca la portata dell'istituto alle dimensioni suggerite dalla concreta esperienza degli interessi privati.

  Un’avvertenza è intanto necessaria e riguarda la natura della novazione. La novazione non è un negozio destinato ad assolvere la funzione estintiva della vecchia obbligazione e costitutiva della nuova; essa è piuttosto un effetto che discende da atti diversa natura (per una conferma dell’opinione v. gli artt. 1976 e 1965, 2° co., dettati in tema di transazione). Nella dottrina non mancano opinioni inclini a ritenere la natura negoziale, e più precisamente contrattuale, della novazione; la tesi trae argomento soprattutto dalla norma che richiede una non equivoca “volontà di estinguere l’obbligazione precedente” (art.1230, cpv.). Ma la necessità di una intenzione dei soggetti, diretta ad estinguere la primitiva obbligazione (condensata nella formula dell’animus novandi), non basta a conferire un carattere negoziale alla novazione.

  La tendenza ad ammettere in limiti ristretti l’efficacia novativa delle modifiche, che devono essere non accessorie e devono essere accompagnate dall’intenzione di estinguere l’obbligazione precedente, si giustifica in ragione della conseguenza, grave sotto l’aspetto economico, che è propria della novazione: se non vi è un espresso patto contrario, essa estingue le garanzie reali prestate dal debitore o dal terzo per il credito originario (art.1232).

  La validità della novazione dipende dalla validità dell’obbligazione originaria che viene novata; l’inesistenza dell’obbligazione primitiva (nel caso di obbligazione contrattuale, ad esempio, per la nullità del contratto da cui era nato il debito, o perché il debito era stato già adempiuto) si riflette sulla novazione e ne determina la nullità (art.1234, 1° co.). Se l’obbligazione originaria deriva da un negozio annullabile, la novazione è invece valida quando il debitore, nell’assumere il debito nuovo, conosceva il vizio del titolo (art. 1243, cpv.). La novazione dell’obbligazione derivante da un negozio annullabile si risolve in sostanza in una convalida dell’atto da cui nacque il debito (art. 1444, cpv.); se essa investe solamente una o più delle obbligazioni nate dal contratto, spetterà al giudice apprezzarne il senso e la portata ai fini della conferma dell’intero negozio.

  Le modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio possono riguardare la persona del creditore o la persona del debitore. Il mutamento del soggetto è pienamente compatibile con la conservazione del rapporto e con il persistere delle garanzie e delle difese che assistono e rafforzano il diritto; perciò il sistema, come già accennammo, non si occupa nemmeno della novazione soggettiva attiva, e disciplina il trasferimento del debito (v. gli artt. 1235 e 1268 ss.) nel segno dell’indifferenza sul punto della novazione o della continuazione del rapporto.

  Nel quadro delle modificazioni che riguardano il soggetto attivo dell’obbligazione si colloca, innanzitutto, la surrogazione per pagamento (ma il codice inverte i termini della formula e intitola le norme al “pagamento con surrogazione”), del quale si è già fatta menzione.

  La surrogazione costituisce in capo al soggetto surrogato un diritto eguale e derivato dal diritto del creditore soddisfatto, ed assistito dalle stesse garanzie reali e personali (art.1204). Un acquisto derivato si realizza anche nella cessione dei crediti, che è il negozio diretto al trasferimento volontario, a titolo oneroso o gratuito, della situazione attiva del rapporto obbligatorio. Attraverso la cessione del credito si attua una successione a titolo particolare tra vivi, trasferendosi al cessionario l’intera posizione giuridica del cedente; assieme al credito si trasmettono i privilegi, le garanzie personali e reali, gli accessori (art.1263).

  La cessione del credito ha natura di contratto. Oggetto di cessione possono essere i crediti che non abbiano carattere strettamente personale e per i quali non esista un divieto della legge (artt. 1260, 1° co., in fine, 1261, 447). Soggetti del contratto sono il cedente ed il cessionario, vale a dire il soggetto che trasferisce e quello che acquista il credito. Non è richiesto il consenso del debitore ceduto (art.1260, 1° co.), ma al debitore ceduto è necessario procurare la cognizione dell’avvenuta cessione. E perciò il trasferimento del credito è efficace nei suoi confronti solo dal momento in cui gli è stato notificato, o dal momento in cui egli abbia accettato o comunque ne abbia avuto conoscenza; in mancanza di notifica o di accettazione il debitore si libera col pagare all’antico creditore, salvo che il cessionario provi l'effettiva conoscenza che il debitore ceduto ebbe della cessione (art. 1264). Alla prima notifica, o alla prima accettazione con atto di data certa, si ha riguardo per decidere il conflitto tra più persone che siano state, con atti distinti, cessionarie dello stesso credito (art. 1265).

  Il consenso del debitore non è necessario alla perfezione della cessione del credito, a differenza di ciò che nel trasferimento del debito è stabilito per l'adesione del creditore. La diversità di regime è stata segnalata come una testimonianza della scarsa considerazione in cui la legge terrebbe gli aspetti personali del vincolo; paradossalmente, la critica fu avanzata nella dottrina tedesca degli anni del nazismo, in nome di una rivendicata più acuta sensibilità del diritto delle obbligazioni alla dignità delle persone.

  In verità la particolare materia della cessione dei crediti non sembra destinata a suscitare ed a risolvere rilevanti problemi di tutela della dignità umana, anche se nel concreto rapporto può essere non indifferente per l'obbligato avere per proprio creditore questa o quella persona. È significativo che nella recente giurisprudenza tedesca, a lamentare l’indifferenza della legge per la volontà e l'adesione del debitore ceduto, siano stati però soggetti di rilevante forza economica, e precisamente grandi imprese a fronte della complessa serie di operazioni contabili che erano rese necessarie dalle cessioni parziali del credito per il salario poste in essere dai dipendenti. La tutela del debitore ceduto, quando la cessione si traduce per lui in un aggravio di organizzazione o di
spese come nel caso occorso alla giurisprudenza tedesca, è stata tuttavia raggiunta per una via diversa dalla necessità di interpellare il debitore e di ottenerne il consenso. Forse è possibile in certi casi configurare come contraria alla correttezza la cessione del credito, che nella sostanza è un modo di esercizio del diritto, consistente nella disposizione onerosa o gratuita in favore di un terzo.

  Per il trasferimento volontario dei debiti i privati possono servirsi di diverse operazioni economiche. La legge prende in considerazione e disciplina la delegazione, l’espromissione e l’accollo, che hanno in comune il risultato pratico dell’assunzione dell’obbligo altrui. Nella dottrina più antica era usata anche la formula “cessione del debito”, quasi a volere sottolineare la corrispondenza con il fenomeno della trasmissione del credito; e si cercava di giustificare il termine “cessione” anche sulla base di vedute filosofiche e di concezioni economiche, male intese o male assimilate, ravvisando nel debito un “valore” e sforzandosi così di superare l’abitudine propria del legislatore, di riservare la parola “cessione” alle vicende traslative che accrescono la sfera patrimoniale dell’acquirente. Il termine più corretto sembra “assunzione del debito altrui”, accolto del resto nel codice tedesco che alla materia riserva un regime rigoroso e coerente, adeguato alla necessità della pratica.

  Nel sistema del codice italiano, come si è detto, il discorso sui tre istituti – che hanno diversità di struttura, presupposti e regime delle eccezioni – prescinde dal profilo novativo o meno delle vicende, e quindi appare estraneo al tema delle cause estintive dell’obbligazione.

  Testo della relazione svolta al Secondo Corso di Alta formazione sul diritto romano per docenti della Reppubblica Popolare Cinese, e pubblicato in cinese, con autorizzazione d’autore, in Digesta (Xue Shuo Hui Zuan), vol.IV, Pechino, 2012.

发布时间:2013-03-05  
 

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